Dopo l'elezione del nuovo presidente - il laico Essebsi - la Tunisia procede verso la formazione di un governo che dovrà rappresentare non solo il vincitore laico, Nidaa Tunes, ma anche le altre formazioni. Non ultima quella islamica moderata, Ennahda.
Per governare il Paese dei gelsomini, alla sua prima prova presidenziale dopo la fine del regime di Ben Ali, Nidaa Tunes (86 seggi su 217 contro i 69 di Ennahda) dovrà far i conti con gli altri attori politici.
Sarà un’ennesima prova di dialogo e democrazia o un compromesso che offusca il progresso?
<<La cultura del compromesso è essenziale per sviluppare una democrazia interna>>, dice il tunisino Slaheddine Jourchi, attivista e uomo politico. La capacità di dialogare fa progredire le rivoluzioni. Gli studiosi di mondo islamico che abbiamo interpellato invitano a riconsiderare le facili letture che attribuiscono al cosiddetto laicismo la sola via di fuga.
Se è vero, dicono, che quest’islam politico moderato non deve allarmare i tanti islamofobici europei, è pur vero che il presunto laicismo di Nidaa Tunes (letteralmente “Appello per la Tunisia”) non dovrebbe alimentare false illusioni di modernità. Perché? Il tallone d’Achille di Nidaa sta nell’aver riesumato in gran parte i rappresentanti dell’ancien régime. Inoltre per motivi culturali il suo approccio non può essere laico alla maniera europea. Chiara Sebastiani, docente di Teoria della sfera pubblica e politiche sociali all’Università di Bologna, autrice tra gli altri del bel volume “Una città, una rivoluzione. Tunisi e la riconquista dello spazio pubblico”, ci spiga che <<dopo le elezioni moltissimi giornali hanno titolato “svolta laica” ma in Tunisia nessun partito, che appartenga all’islam politico o che sia ad esso avverso, si definirebbe tale. Men che mai i vincitori di queste elezioni>>. L’equivoco è dunque quello di considerarla una partita secca tra laici e islamici.
<<Il punto non è islam sì o no - ribadisce Pietro Longo, direttore del programma di ricerca “Nord Africa e Vicino Oriente” dell’Istituto di Alti Studi in geopolitica e scienze ausiliarie - quanto piuttosto lo spazio che questo occuperà nella sfera pubblica e in quella privata>>.
Democrazia e islam moderato
Chi sono allora i presunti detentori della laicità e come tutelare la rivoluzione?
<<Nidaa è anti-islamista, il suo programma si contrappone a quello di Ennahda, che invece si ispira dichiaratamente al Corano – argomenta con noi Chiara Sebastiani - E’ un partito le cui caratteristiche sono il nazionalismo e una forte presenza dello Stato in economia e nella società, compresa la sfera religiosa>>. Inoltre è in linea di continuità non solo con l’entourage dell’ex dittatore Ben Ali ma col precedente di Bourghiba. E’ una classe politica, questa, vicina al post-colonialismo francese, un mondo oramai in via d’estinzione e tuttavia, afferma la docente, <<di grande levatura>>. <<Una lettura in chiave di inconciliabilità tra un Islam politico integralista religioso, e una modernità laicista non regge affatto>>, sostiene la docente. Semplicemente perché è troppo polarizzata: sono categorie che servono a definire un’altra narrazione del mondo. <<I media francesi più di tutti hanno agitato il pericolo islamista e la violenza dei salafiti - spiega la Sebastiani – Ma sappiamo che il rischio futuro, se c’è, non è legato né ad un ritorno al passato (a quel regime prerivoluzionario, ndr) né ad una violenza integralista di tipo religioso>>. Quanto piuttosto ad una destabilizzazione da parte di forze estranee alla democrazia. <<I pericoli possono arrivare da chi per un motivo o per l’altro non è molto felice che la Tunisia porti a termine una transizione democratica – dice - Queste forze possono celarsi sia all’interno del Paese che all’esterno>>. L’antidoto allora sta proprio in un compromesso politico che smorza gli eccessi e consente una mediazione.
<<Non posso sognare con mio nonno!>>
Ben più sentita è la questione del ritorno dei vecchi uomini politici, a partire da quello del candidato presidente di Nidaa, Beji Caid Essebsi. Al momento in cui scriviamo
il ballottaggio con l’uscente Marzouchi, sostenuto dagli islamisti, non c’è ancora stato, ma ricordiamo che Essebsi ha 87 anni. Era nel governo Bourghiba ed è tornato alla ribalta pochi mesi dopo le elezioni del gennaio 2011. Alle nuove generazioni cresciute in città - blogger rivoluzionari, geni dei social network, rapper e artisti - tutto ciò sa di antico. <<No al governo dei dinosauri!>>, scrivono sui muri. <<La Tunisia ha certamente perso molto dell'entusiasmo palpabile nei mesi successivi alla rivolta: oggi si respira un’aria di attesa e di disillusione>>, ci racconta Luce Lacquaniti, interprete traduttrice, laureata in Lingue e civiltà orientali che ha vissuto per quattro anni a Tunisi. Inoltre la svolta non è palpabile per chi sperava in un calo dell’inflazione o in un posto di lavoro. Ma la società civile è ancora desiderosa di esprimersi. La più grande conquista della rivoluzione è stata la libertà di parola. Indietro non si torna, lo spazio di libertà per fortuna è conquistato per sempre. Il giornalista e ricercatore Giuseppe Acconcia, corrispondete dal Cairo e autore del recente “Egitto, democrazia militare”, ci spiega alcune dinamiche: << la Tunisia ha saputo attendere, con i suoi tempi lunghi. Prima ha varato la Costituzione poi ha indetto le elezioni e questo ha permesso una transizione più articolata. Ma ci sono anche delle ombre: i candidati presidenti sono molto anziani. I giovani dei movimenti tunisini dicono: “non posso sognare con mio nonno!”>>.
Riscoperta dell’identità religiosa
In questi anni di “liberazione” c’è stata una riscoperta dell’identità islamica, soprattutto nelle masse popolari, che hanno potuto riappropriarsi di uno spazio perduto. Habib Bourghiba, primo presidente della repubblica dal 1957 al 1987, si ispirava molto al concetto di laicità francese, con la religione però fuori dallo spazio pubblico. <<A quell’epoca l’islam davvero non era visibile>>, spiega ancora Chiara Sebastiani. La religione islamica era costretta a vivere suo malgrado nell’intimità. Una forzatura che a distanza di anni ha rotto gli argini, pur manifestandosi in forma assolutamente moderata. La riscoperta di certe pratiche, come l’osservanza del Ramadan o il velo per le donne, <<è stata in un certo senso una rinascita culturale. Sono fenomeni di riscoperta della coscienza collettiva – sostiene la Sebastiani - L’islam politico è solo una parte di questa re-islamizzazione che non va assolutamente attribuita alla vittoria di Ennahda di tre anni fa. Si è detto che lo spazio pubblico si era re-islamizzato, ma in realtà lo era già!>>. L’Europa ha ricominciato a vedere e ad osservare la Tunisia troppo tardi, a partire dalla rivoluzione, ma questi erano fenomeni già in corso. Il mondo arabo si muoveva e si trasformava, si liberava e si riappropriava della cultura perduta. La cosa migliore che possiamo fare è rimetterci in ascolto, astenendoci mediaticamente dai facili giudizi e dalle interpretazioni unilaterali.